L’ipotesi di rivedere la decisione di chiusura della centrale a carbone di Monfalcone non è negoziabile perché questa scelta risponde a ragioni di tutela della salute e dell’ambiente che non hanno uguali nel resto d’Italia in quanto l’impianto è collocato all’interno stesso del cerchio urbano cittadino. Si tratta di un processo di dismissione che la città ritiene irreversibile. L’Amministrazione comunale aveva in questo senso chiesto che la rimozione cominciasse già entro il 2021 e si aspetta che quanto prima si vada in questa direzione. La centrale è stata ubicata, nei tempi in cui non c’era alcun rispetto e alcuna sensibilità verso la tutela ambientale in una posizione insostenibile a ridosso di un quartiere abitato, a poche centinaia di metri dalla piazza principale e in un’area destinata a ben altro sviluppo, quello logistico e della nautica.
Per decenni le polveri di carbone hanno infestato le abitazioni dei monfalconesi, mentre le indagini epidemiologiche hanno rilevato il concentrarsi di malattie mortali che non hanno uguali in percentuali in altre realtà regionali e nazionali. Il Comune, impegnato nel risanamento e nel rilancio della città, è contrario anche a ogni riproposizione di impianti che utilizzino carburante fossile proprio a tutela di un territorio profondamente compromesso nelle scelte del passato.
La consapevolezza dei problemi che l’Italia e l’Europa sono chiamati ad affrontare a seguito del drammatico sviluppo dei fatti dell’Ucraina dopo l’inaccettabile aggressione russa, non toglie rilievo alla questione di preservare il bene primario della salute dei nostri concittadini in quelle situazioni, come a Monfalcone, dove i vecchi gruppi a carbone e il relativo deposito sono ubicati nel cuore stesso della città, senza rispetto di alcun limite minimo di distanza, con tutte le conseguenze che ciò ha determinato e che non può essere riproposto per il futuro.
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