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MONFALCONE - Dall'Argentina la festa con la comunitą friulana e giuliana.

Aggiunto il: 19/12/2022
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Non c’è luogo identitario più emblematico per i friulani in Argentina di Colonia Caroja. Il grande possedimento agricolo, fondato dai Gesuiti nel XVII secolo e poi passato al governo, nel 1854 fu dato in concessione per costituire una colonia agli immigrati provenienti dal Friuli, i primi di un grande movimento d’emigrazione successiva. A Colonia Caroja la grande festa è iniziata subito dopo  la fine della gara. Incontenibile, travolgente, come avviene in queste occasioni, con l’aggiunta della passionalità sudamericana. “In questo momento la Nazionale – ci dice Mauro Sabbadini, responsabile della Clape nel Mondo in Argentina – è il simbolo di un Paese che vuole riscattarsi, che per storia, cultura, tradizioni imprenditoriali e commerciali può giocare ancora un ruolo di primo piano, che ha tutte le condizioni per vincere le proprie sfide non solo nel calcio”. Ora tutti in strada, giovani e meno giovani, musica, balli, bande improvvisate: un delirio che non è solo la realizzazione di un sogno, ma anche la liberazioni dalle frustrazioni delle difficoltà quotidiane di un economia in difficoltà. Il pallone e i suoi idoli come elemento dell’orgoglio argentino di cui tutti vogliono condividere parte. Del resto proprio qui, a pochi chilometri a Cordoba, è la patria di  Cristian Romero, il ‘Cuti’ ben noto nel calcio italiano. Arrivato nel 2018 al Genoa per 4 milioni di euro, passò alla Juventus per 26 milioni di euro, sino al 2020 e poi all’Atalanta giocando anche in Champions League. Naturalmente l’intera Argentina è in festa come paese e come nazionale. Il premio, s’intende, è la gloria di consacrarsi campioni del mondo, in modo particolare per l’Albiceleste 36 anni dopo Messico 1986. Ma c’è anche un risvolto più materiale. Chi solleva al cielo la Coppa del mondo si porta a casa quasi 44 milioni di euro: i precedenti parlano di un 50 per cento che resta all’Afa, la federazione calcio, e l’altro 50 per cento è distribuito tra la rosa dei calciatori, il corpo tecnico e la delegazione. A Buenos Aires già sabato sera si respirava aria di mobilitazione: nel passeggio serale dell’estate argentina nelle strade pedonali del centro, a Lavalle, bandiere e inni anticipavano la voglia di vittoria e di festa. Domenica i canti dei tifosi e i caroselli di macchine imbandierate hanno svegliato la città già al sorgere del sole alle 6 del mattino. Almeno per questa occasione le preoccupazioni legate all’inflazione quasi a tre cifre sono state accantonate. Al cambio in nero, che si pratica in ogni angolo della capitale un euro veniva acquistato a 320 pesos a fronte del valore bancario ufficiale di 180. L’inflazione in Argentina è arrivata al 92,4 per cento negli ultimi dodici mesi e all’85,3 per cento dall’inizio del 2022, ma in novembre è stata solo del 4,9 per cento, in calo di 1,4 punti rispetto al mese precedente. Insomma, chi pratica il cambio al nero, scommette, se così si può dire, su un disastro finanziario imminente e cerca di accantonare dollari o euro che garantiscono stabilità a chi li possiede strapagandoli. Bene per gli stranieri: la cena al top in uno dei templi della gastronomia la Estancia, per 7000 pesos, così si paga poco più di 20 euro.
Lo sport ha messo la sordina anche alle discussioni politiche che si sono accese a inizio dicembre con la condanna di Cristina Fernández de Kirchner ex presidente argentina e attuale vicepresidente a sei anni di reclusione. Accusata di essere stata la regista di un grande piano di appropriazione indebita di un sistema che è durato dal 2003 al 2015, includendo i quattro anni di mandato da presidente del marito Néstor Kirchner, morto nel 2010, condannata per irregolarità nell’affidamento di appalti, anche alla pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici. Lei sostiene che è tutto un complotto della magistratura, ma non andrà in carcere in quanto coperta dall’immunità e perché non si tratta di sentenza definitiva. Ma ciò che qui ha fatto più rumore è soprattutto il suo successivo annuncio che non intende ricandidarsi nelle elezioni del prossimo anno, diversamente da ciò che tutti davano per scontato. La decisione riapre i giochi all’interno della coalizione peronista, nella quale è sempre più ipotizzabile una rinuncia anche dell’attuale presidente Alberto Fernández. Troppo contestato dall’ala radicale, quella che fa riferimento proprio alla sua vice e troppo giù nei sondaggi e nei test di gradimento e popolarità da parte degli argentini. Potrebbe provarci il ministro dell’Economia, Sergio Massa. Dipenderà, però, dicono a Buenos Aires, dai risultati che otterrà nella lotta all’inflazione. Ma non è tema del giorno di fronte alla festa del Mondiale. “Oggi vogliamo solo rendere omaggio ai nostri giocatori per questo eccezionale risultato. Al resto penseremo domani” ci dice Mauro Sabbadini. Come dargli torto noi che siamo stati solo spettatori del mondiale e oggi possiamo festeggiare con i friulani di Colonia Caroja, grandi produttori di buon vino. Prosit!

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