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MONFALCONE - Oratorio agli islamici per Ramadan. Don Flavio: "Ho solo applicato il vangelo: integrazione coi fatti".

Aggiunto il: 30/03/2024
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«Non è la prima volta che l’oratorio concede dei locali in uso alla comunità bengalese di fede islamica» ci racconta il parroco «e lo ha fatto nel rispetto delle regole previste per chiunque 
chieda di poter utilizzare le nostre strutture". 

Da qualche mese a questa parte a Monfalcone, la Città dei Cantieri, c’èaria tesa. Oggetto del contendere sono alcuni locali del centro - finora adibiti a luoghi di preghiera da una parte della comunità di fede islamica residente incittà e giudicati inidonei - e il diritto alla libertà di culto che alcuni percepisconoessere in pericolo. Mentre tra ordinanze, ricorsi e controricorsi al Tar e alConsiglio di Stato i toni del dibattito pubblico tra amministrazione comunale,opposizione e uno dei Centri Culturali islamici presenti in città si alzano e
proseguono da tempo, attirando anche l’attenzione dei media nazionali, ladecisione di don Flavio Zanetti, parroco dell’unità pastorale di Monfalcone, diconcedere in uso uno dei locali dell’Oratorio San Michele a un gruppo di fedelimusulmani di origine bengalese per consumare Ifṭār - ovvero il pasto frugale cheinterrompe in digiuno quotidiano durante il mese sacro del Ramadan –racconta, più sottovoce, la storia di una distensione possibile.
«Non è la prima volta che l’oratorio concede dei locali in uso alla comunitàbengalese di fede islamica» ci racconta il parroco «e lo ha fatto nel rispetto delleregole previste per chiunque chieda di poter utilizzare le nostre strutture. C’èuna richiesta formale da presentare, dei documenti da consegnare e anche inquesto caso tutto si è svolto secondo quanto previsto dal regolamento. Riceviamocostantemente richieste da parte di tante realtà del territorio e la concessione dei
locali avviene compatibilmente con le attività parrocchiali. Nel caso specifico hopotuto concedere le sale soltanto per la sera di sabato 16 e di domenica 17 marzoe tutto si è svolto in modo tranquillo e pacifico». La comunità cristiana locale
vive con accenti diversi quanto accade in città e ciò, secondo don Zanetti,dipende anche dalle fonti di informazione che ciascuno sceglie di ascoltare: «Giàa metà novembre, raccogliendo una serie di preoccupazioni emerse nella nostracomunità, come parroci di Monfalcone ci eravamo espressi attraverso il sitochiesamonfalconese.it rispondendo alle domande e alle paure che serpeggiavanotra i fedeli. L’errore più grande è quello di farsi guidare dalla paura, che èsempre una cattiva consigliera, ed è Gesù nel Vangelo a ripetere sempre “Nonabbiate paura”. Non ci sono nemici da combattere, ma fratelli con i quali poter
vivere insieme serenamente».La percentuale di stranieri residenti sul territorio comunale di Monfalcone siattesta intorno al 28 percento, la più elevata in Italia per incidenza dellapopolazione straniera tra i Comuni con almeno 15 mila abitanti (dati Sistan,2023). Ma l’“immigrazione percepita” dai cittadini monfalconesi è molto piùelevata e, su questa, le paure trovano terreno fertile. Monfalcone, negli ultimivent’anni ha visto giungere in città un gran numero di lavoratori di originestraniera, soprattutto dal Bangladesh, richiamati dall’importante realtà delCantiere Navale Fincantieri – nel quale tra dipendenti e indotto entrano ognigiorno circa 7mila persone – per coprire la domanda di manovalanza cui, con i
lavoratori locali e italiani, non si riesce a rispondere adeguatamente.«Noi siamo qui a indicare una direzione possibile e cioè quella di una città dove
tutti possono vivere in pace aiutandosi reciprocamente perché abbiamo bisognodi scoprire che siamo un popolo di fratelli. Monfalcone, con la sua realtà cosìvariegata, ha bisogno di guardare al futuro con una prospettiva più ampia, diaprirsi al nuovo invece di chiudersi rimpiangendo un certo passato e vivendocon un’idea di mondo che non esiste più. I buoni segnali già esistono, ma dobbiamo educarci a vederli» conclude don Zanetti. «Se lo rifarei? Certo che lo
rifarei. Perché siamo cristiani e se non siamo noi - che predichiamo di essere figlidi un unico padre, di farci prossimo per chi è in difficoltà – a mettere in praticail Vangelo e a testimoniarlo, chi lo dovrebbe fare?».

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