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TRIESTE - Sciopero dei lavoratori di vigilanza privata e servizi fiduciari in Fvg: adesioni fino all’80%

Aggiunto il: 13/09/2025
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Stipendi bassi, responsabilità gravose, mezzi ed equipaggiamenti che non garantiscono la sicurezza. Sono queste le ragioni che hanno portato allo sciopero proclamato oggi dai 2.500 lavoratori della vigilanza privata e dei servizi fiduciari, armati e non armati, del Friuli Venezia Giulia. Dopo il blocco dello straordinario iniziato il 19 agosto e destinato a protrarsi fino al 16 settembre, nella giornata del 12 settembre gli addetti hanno incrociato le braccia su tutti i turni, con percentuali di adesione che hanno raggiunto punte dell’80%. Le sigle regionali Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno denunciato in conferenza stampa la situazione definita “insostenibile”, dovuta a un contratto integrativo fermo da 14 anni e a una contrattazione di secondo livello mai realmente decollata. “È impensabile – sostengono i segretari Marika Baio, Diego Marini e Matteo Calabrò – che non venga concesso un tavolo di confronto, lasciando il settore alla mercé delle singole aziende”. Per i sindacati, il comparto rappresenta una realtà strategica, visto che molti siti, anche governativi, sono oggi presidiati da vigilanza privata anziché dalle forze dell’ordine. Tuttavia, nonostante la delicatezza del ruolo e, nel caso degli addetti armati, la detenzione stessa di un’arma, la retribuzione media netta non supera i mille euro al mese. Inoltre, spesso i lavoratori devono farsi carico di spese per strumenti essenziali, come nel caso della pistola, con tutte le complicazioni legate al porto d’armi in caso di cambio di lavoro. Un’altra emergenza segnalata riguarda la sicurezza. “Ci sono segnalazioni di mezzi obsoleti e dotazioni inadeguate – hanno denunciato i sindacati – fino ai giubbotti antiproiettile scaduti riscontrati in alcune aziende. In queste condizioni la sicurezza degli addetti viene messa seriamente a rischio, soprattutto quando operano da soli in contesti sensibili”. Se il rinnovo del contratto nazionale è previsto per il prossimo anno, ciò che i sindacati chiedono subito è l’apertura di un tavolo regionale per definire un contratto integrativo unico valido per tutta la regione. L’obiettivo è superare la frammentazione ereditata dalle ex province e garantire a tutti i lavoratori regole e trattamenti uniformi. “Non è accettabile – concludono Baio, Marini e Calabrò – che due dipendenti della stessa azienda, ma impiegati in territori diversi, abbiano differenze economiche e normative a parità di mansione. Serve una regolamentazione chiara e uguale per tutti”.

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